arpa celtica2

L’arpa è uno strumento tanto antico da poter essere definito quasi ancestrale.
Il suo suono ha una reale capacità di colpire l’anima e farvi breccia e, col tempo, di nobilitarla.

Sarà forse per la sua forma tripartita, dove la mensola è come la mente, che deve essere sempre perfettamente accordata; dove la cassa è come il nostro cuore, che si riempie di musica e la diffonde a sé dintorno; dove la colonna è come il nostro corpo, evita che la mente e il cuore ripieghino l’una sull’altro.

Sarà forse perché le corde dell’arpa sono lasciate libere di risuonare ed i loro armonici generano il fenomeno della risonanza, conosciuta anche come “in amore”. E l’amore non è forse una risonanza?

Sarà forse perché l’arpa celtica è accompagnata da un sostrato filosofico volto al perseguimento della verità nella perenne ricerca della saggezza e pratica della benevolenza.
Sarà forse perché non si riesce a guardarla senza poggiarci sopra le dita, né a ignorarla nel momento in cui suona.
Sarà perché ogni sua nota conduce a sé il canto delle cose, la memoria dei popoli, le leggende e gli insegnamenti.
Sarà forse per la sua forma, simile a un cigno che nuota sul mare del tempo, a una nave che solca i mondi, ad una vela, ad una coppa che custodisca la musica di tutto ciò che è stato e di tutto ciò che è ancora da venire.
Sarà perché le corde si tendono come un arco del quale l’Awen, la divina ispirazione, è la freccia che non sbaglia mai.
Sarà perché l’arpa può accompagnare il canto, la recitazione e suonare da sola.

Non sono capace, in definitiva, di spiegare per quale motivo l’arpa è tanto simile a noi, e forse è meglio così. Il senso dello stupore, la capacità di meravigliarsi è la dote più importante per poterla imparare fin nella sua più pura essenza.

Quanto ho cercato una risonanza. Forse finalmente l’ho trovata.